Dove finiscono i telefoni, i computer, le televisioni, le consolle di gioco e le 1000 altre meraviglie tecnologiche una volta guaste o obsolete?
Se ne parla da un po' di anni, si parla di recupero, si cominciano ad allestire centri di raccolta, ma non è ben chiaro la fine che poi tutto questo materiale fa.
Di tanto in tanto i mezzi di informazione ci comunicano di questa o di quell'azienda in modo completamente innovativo ha trovato il modo per recuperare i preziosi materiali che compongono questi oggetti.
La quantità di rifiuti elettronici tuttavia a volumi ben più ampi di quanto le pur virtuose aziende nominate negli articoli e nei reportage, possano trattare.
Centinaia di migliaia di tonnellate vengono prodotte ogni anno, un volume enorme una quantità impressionante e variegata come si può evincere da questa mappa interattiva difficilmente viene trattata, ma anzi viene esportata in paesi in via di sviluppo.
Nonostante vi siano accordi internazionali e leggi che proibiscano al livello locale e/o internazionale il dislocamento di questa enorme massa di rifiuti, di fatto ogni giorno migliaia di container trasportano ingenti quantitativi di questi rifiuti verso paesi emergenti come ad esempio l'India, l'Africa occidentale e la Cina.
Così, nascosti fisicamente e/o mascherati come "rifiuti ferrosi" nei documenti, transitano dal porto di Hong Kong verso altri luoghi.
Accanto ad impianti legali come quello di Huaqing, dove in piena sicurezza con le più moderne tecnologie, questo quello che vorrebbero far credere, si dovrebbe, dicevamo, effettuare il riciclaggio della spazzatura elettronica, "e-waste", accumulatasi prima della proibizione da parte del governo cinese di importare dall'estero questo tipo di materiale e di smaltire inoltre l'enorme mole, in continuo aumento, che il crescente mercato interno sta producendo, vi sono un enorme numero di piccoli laboratori, a conduzione familiare che in modo del tutto artigianale cercano di effettuare un recupero, molto parziale delle materie prime contenute nell'e-waste.